di
Francesco Zanotti
Il riferimento è all’articolo di fondo di oggi sul Corriere della Sera
di Gian Antonio Stella.
Riesco ad illustrare la tesi del titolo con qualche battuta, certo non
un discorso completo. Ma so già che innescare un dibattito scientifico sul tema
sarà difficile perché la scienza è sconosciuta a chi ne parla. Meglio buttarla
in politica. E così si riesce ad auto rappresentarsi senza pagare dazio alla
conoscenza. Concorderà il lettore che rifiutare la scienza è …davvero una
stupidaggine
Cominciamo da una sciocchezza
che solo a scriverla fa prudere le mani. Si dibatte intorno a quanto deve
essere la percentuale di coloro che hanno diritto ad un riconoscimento speciale
del merito. E si dice che il numero deve essere piccolo. E perché? Perché altrimenti,
se i buoni sono troppi, cade la motivazione competitiva. Cioè: si sostiene che
il vero merito deve essere solo di pochi. La scuola ideale è quella dove
possono essere solo pochi quelli che meritano. Cioè ancora: servono tanti asini
per gratificare i pochi che non lo sono. Cioè ancora dell’ancora: per fare una
scuola che finalmente premia dobbiamo avere una scuola dove mediamente gli
insegnanti sono “non meritanti” …
Ma entriamo in medias
res. E parliamo di matematica (mi si riconosce che è una scienza?). Per
riconoscere e premiare il merito occorre valutare le prestazioni. Bene, e cosa
vuol dire valutare? Vuol dire mettere in corrispondenza biunivoca le
prestazioni degli insegnanti con l’insieme dei numeri naturali. Così facendo si
riesce a costruire una scala (l’insieme dei numeri naturali è, tra le altre
cose, ordinato)e poi si decide a chi riconoscere talento ed assegnare premi …
Aggiungiamo anche il punire i peggiori?
Bene, ma quali sono le
prestazioni da misurare? Ovviamente nessuno ne parla. Il Dottor Stella non
dice: merito è quando i nostri ragazzi escolo dalla scuola e, per usare un linguaggio
molto tradizionale, devono sapere questo, devono saper fare quest’altro e
devono deve essere in questo modo. Se non si descrivono le prestazioni non si
capisce chi ha meritato e chi no. E già qui il discorso sarebbe chiuso.
Ma non pensiamo a cose
così difficili, siamo concreti … Pensa di sottoporre gli insegnati a batterie
di test. Ma, innanzitutto, così facendo si misura solo un eventuale potenziale
di merito. Non i risultati. E, poi, è una misura che traballa da tutti le
parti. Infatti, le domande dovranno essere molte. E saranno inevitabilmente
eterogenee. Come si mettono insieme risposte a domande eterogenee? Se si opera
sui punteggi si contravviene al principio (se ce lo siamo dimenticati, davvero
la scuola è servita a poco) che non si possono sommare le pere con le mele. La
media tra cinque pere e tre mele è un concetto senza senso. Non è quattro
frutti di una nuova specie pera/mela?
Poi le domande saranno
scelte da qualcuno che certamente non dispone di tutte le conoscenze esistenti,
ma solo una parte. Saranno scelte, quindi, da persone che hanno una visione
parziale del mondo. E se persone diverse fanno i test faranno test diversi con
i quali, però poi si pretenderà di giudicare lo stesso merito.
Fino ad ora abbiamo
fatto banali osservazioni di matematica, ma si può andare avanti e tirare in
ballo le scienze naturali ed umane.
Il merito di cui si
parla è potenzialità che raggiunge risultati. Anche lasciando da parte il fatto
che, come abbiamo detto, non si sa quali siano i risultati educativi che si
vogliono ottenere, tutti i risultati, qualunque essi siano, sono generati da un potenziale personale che trova
un contesto favorevole nel quale esprimersi.
Ora il potenziale personale
non è misurabile e il contesto neanche …
Provo a riassumere. L’insieme
degli insegnati deve essere per forza fatto di un massa di mediocri, altrimenti
non si si riesce a definire il concetto di “insegnati bravi” che meritano. All’attuale
ministro dell’educazione trovare test che garantiscano il giusto mix di
insegnanti bravi e sfigati alla nostre scuole. E che siano tanti gli sfigati …
Dott. Stella, è questa l’inevitabile conclusione a cui si arriva leggendo il
suo articolo e ascoltando gli altri “meritisti” che chiacchiericciano
indisturbati sui media.